Biol. - Meccanismo biologico responsabile della trasmissione dei caratteri
ereditari nel gene, quell'entità che si raddoppia in modo identico a se
stesso, per cui viene garantita la conservazione del mondo vivente anche se esso
può mutare in modo casuale (consentendo l'evoluzione). Numerosissimi
esperimenti hanno dimostrato che, a supporto dell'
i.g. (o informazione
ereditaria) nei virus e nei batteri stanno gli acidi nucleici (DNA o RNA) i cui
segmenti altamente polimeralizzati possono "autoduplicarsi", "mutarsi", o
"determinare la sintesi proteica" L'
i.g. localizzata nel DNA batterico
è in grado di ricombinarsi mediante tre meccanismi parasessuali diversi:
il trasferimento, la trasduzione e la coniugazione. Il
trasferimento
consiste nel passaggio di un tratto di DNA da una cellula batterica vivente a
quella di un altro ceppo e nella sua integrazione all'interno del genoma (la
serie di cromosomi contenuti in un gamete); la
trasduzione si realizza
per incorporazione di un tratto di cromosoma batterico nel genoma di un fago
temperato (virus capace di infettare i batteri ma senza danneggiarli); la
coniugazione ha luogo fra due ceppi di batteri che hanno perduto la
capacità di sintetizzare, uno la
leucina e l'altro la
biotina; mescolati fra loro i due ceppi, diversamente non in grado di
moltiplicarsi, possono dar luogo a delle colonie. In questo caso il
"trasferimento" avviene attraverso ponti citoplasmatici da batterio a batterio.
Oggi nei laboratori specializzati gli scienziati sono riusciti ad alterare il
meccanismo di
i.g. (che presiede alla moltiplicazione del batterio)
inserendo un tratto di DNA estraneo al batterio stesso - ottenuto da un
qualsiasi essere vivente come un gene virale o un gene di un altro batterio, per
esempio in essi "creano" un batterio "nuovo" che trasmette le sue
caratteristiche artificiali
i.g.) alla propria discendenza. Perciò
è oggi possibile "insegnare" al batterio a resistere agli antibiotici; a
produrre certe tossine - tossina difterica o quella del botulismo, per esempio -
o anche a provocare tumori. In tali esperimenti viene generalmente usato il
batterio
Escherichia coli - così chiamato perché risiede
nel colon - che, in condizioni normali non provoca alcun danno all'ospite; ma se
in questo batterio viene inserita un'
i.g. adatta alla produzione di una
tossina, esso, da innocuo diventa un batterio patogeno e quindi assai
pericoloso, perché resistente agli antibiotici e capace di provocare
diarree, peritoniti, diverticoliti, infezioni dell'apparato urinario, ecc.
Secondo il dottor David Baltimore, del Massachusetts Institute of Technology, le
manipolazioni sui batteri per l'inserimento in essi di un'
i.g. potrebbe
trasformarsi in un disastro; un'
i.g. malefica potrebbe venir inserita per
caso o per errore durante il corso degli esperimenti oppure viene realizzata di
proposito al fine di poter condurre studi utili all'umanità: ma le
trasformazioni così ottenute possono diventare pericolosissime
perché il rischio non si limita alle quattro mura del laboratorio ma
essendo i batteri invisibili ad occhio nudo e moltiplicandosi essi con estrema
rapidità, basterebbe che un solo batterio "nuovo" (pericoloso) penetrasse
nel corpo dello sperimentatore (per trasmissione dalle mani alla bocca o con il
pulviscolo atmosferico dal naso ai polmoni) per avere una rapida formazione di
una grande colonia che, a poco a poco, potrebbe essere diffusa tra i membri
della famiglia e poi all'intera umanità. Perciò un gruppo di
scienziati americani ha rivolto un appello ai loro colleghi di tutto il mondo
affinché abbiano a desistere dalla manipolazione delle
i.g.